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Stalking, le attenzioni moleste

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Ogni giorno la cronaca ci propone nuovi casi. Amori finiti o mai iniziati che, a un certo momento, tragicamente diventano ossessione, persecuzione, sfociando, troppo spesso, nella violenza. Parliamo di stalking …

Come nasce un’ossessione

Il termine stalking è mutuato dalla caccia e letteralmente significa braccare, pedinare e che indica l’insieme di comportamenti persecutori, di atteggiamenti minacciosi, ossessivi e di controllo che il molestatore mette in atto nei confronti di una vittima, nella maggior parte dei casi donna, ex partner, conoscente occasionale o perfetta estranea che sia.

In Italia due milioni e mezzo di persone affermano di aver dovuto sopportare, nel corso della propria vita, almeno un’azione di stalking e da poco il nostro ordinamento giuridico lo annovera tra i reati. Ma cosa si nasconde dietro questo atteggiamento? È sempre indice di un disturbo psicologico? I comportamenti dello stalker si possono a grandi linee racchiudere in due tipologie La prima tipologia individua, quali comportamenti stalkizzanti, le comunicazioni intrusive. In tal caso le metodologie persecutorie vengono realizzate con l’ausilio di strumenti di comunicazione quali telefoni, sms, lettere, e-mail o perfino graffiti o murales. La seconda categoria è costituita, invece, dai cosiddetti contatti che possono essere attuati sia attraverso comportamenti volti al controllo diretto della vittima, quali pedinamenti, che mediante comportamenti di confronto diretto ovvero visite sotto casa, sul posto di lavoro o vere e proprie aggressioni. Molto spesso, però, la strategia persecutoria viene attuata dallo stalker in “forma mista”.

Lo stalking non è necessariamente la manifestazione di un quadro psicopatologico, spesso si tratta anzi di un fenomeno che parte dalla normalità e che si inserisce nella vita di tutti i giorni. È il caso dell’innamorato abbandonato, che può accettare l’abbandono tollerandone la frustrazione oppure può cercarne il recupero attraverso l’attuazione di comportamenti che non di rado hanno il sapore di molestie. Telefonate nel cuore della notte, messaggi lasciati ovunque, fino alle scritte sui muri cittadini, agli annunci sulle pagine dei quotidiani e all’intervento in trasmissioni televisive dedicate.

Questi atteggiamenti possono risultare inizialmente naïf, fastidiosi, eccessivi, ma diventano, in seguito, assolutamente insostenibili. Una caratteristica dello stalking è infatti il livello di intrusività e di non controllabilità del mezzo usato per molestare: le strategie di “accerchiamento”, semplici o complesse che siano, si basano solitamente sull’utilizzo di strumenti che invadono in maniera netta la vita della vittima. Ripetitività e intrusione sono proprio le caratteristiche di quei gesti che hanno come scopo la sottile gratificazione del narcisismo e dell’onnipotenza dell’autore.

A seconda dei casi, quindi, lo stalking può essere inserito nella sintomatologia di un disturbo psichico facilmente identificabile o essere l’unico sintomo presente in chi lo compie. Con il tempo, però, tende a diventare un’idea ossessiva che pervade l’esistenza dello stalker prima e della vittima poi, facendo crollare qualsiasi parvenza di normalità: a questo punto può essere inquadrato in quello che si definisce un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo.

Non solo per “amore”

Il comportamento che il molestatore pone in essere è spinto da differenti motivazioni. Il confine fra corteggiamento e stalking, all’inizio, può essere impercettibile, ma diventa significativo quando limita la “libertà morale” della vittima ponendola in una condizione di allerta per la paura di un pericolo imminente. Nello stalking possono essere presenti, oltre al desiderio di ristabilire una relazione, anche situazioni in cui lo stalker arriva a comportarsi in maniera opprimente poiché non ha quelle “competenze relazionali” che gli consentirebbero di conquistare l’altro. Quando poi viene rifiutato diventa aggressivo e insistente.

Lo stalking non è sempre solo determinato dalla motivazioni afferenti alla sfera amorosa ma può riscontrarsi anche in altri contesti relazionali come gli ambiti lavorativi e quelli scolastici: può originare, ad esempio, dal desiderio di vendicarsi di un torto che lo stalker ritiene di aver subito. La vittima viene afflitta da condotte persecutorie che hanno l’obiettivo di metterla in difficoltà.

Normalmente lo stalker tende a seguire i propri bisogni e a negare la verità: pensa di essere sempre nel giusto. Nel caso agisca per vendicarsi di un torto subito, pensa di essere chiamato dal destino per vendicare le ingiustizie, quando invece l’obiettivo è quello di ricevere attenzioni, o di riconquistare la persona che lo ha lasciato, egli pensa che il suo è un comportamento non riprovevole perché spinto dall’amore; è convinto inoltre che riuscirà a piegare la resistenza della vittima perché in fondo anche lei nutre gli stessi suoi desideri. Insomma perde totalmente il contatto con la realtà.

In ogni caso per il molestatore la vittima non è più un “soggetto”, autonomo e dotato di diritti, ma diviene l’”oggetto” su cui investire i propri bisogni di riconoscimento e di attenzione. Secondo le storie personali, familiari ed affettive di ognuno, e a prescindere dalle motivazioni poste alla base della nascita dell’ossessione, lo stalker in generale manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva.

L’evoluzione delle condotte persecutorie risulta nel tempo ambivalente: a momenti di apparente sottomissione e disperazione si alternano atti improntati all’odio e a un’aggressività manifesta.

Le conseguenze sulla salute delle vittime

Lo stalking genera nel lungo termine sempre conseguenze pesanti, non solo per la vittima ma anche per le persone a lei vicine. Secondo recenti studi in materia più dell’80 per cento delle vittime riferisce un aumento dei livelli di ansia e di allerta; a un terzo di esse, poi, viene diagnosticato un disturbo post- traumatico da stress, accanto a frequenti disturbi del sonno, comportamenti e sentimenti di isolamento dagli altri, episodi depressivi o, al contrario, forte aggressività. Numerosi i segnali di allarme somatico (cefalea , tachicardia , gastroenteriti, dolore osteoarticolare, disturbi dell’equilibrio) e comportamentale (anoressia, bulimia, farmacodipendenza, fobie). Il colloquio con le vittime evidenzia spesso una serie di cambiamenti progressivi nel tempo che conduce a una vera e propria trasformazione della personalità. Infatti quando le difese psicologiche delle vittime sono insufficienti si possono registrare alterazioni delle abitudini di vita, vere e proprie strategie di evitamento: la vittima può ridurre le proprie attività sociali e lavorative fino al licenziamento e al totale auto-isolamento, ma tutto questo raramente sortisce l’effetto desiderato.

Cosa fare allora? Il primo passo è parlarne: negare l’esistenza del problema è inutile. Bisogna evitare di giustificare le ragioni del molestatore e di leggere le sue “attenzioni” come forme di corteggiamento. Va poi evitata ogni forma di contatto, anche “negativa”, perché anche la restituzione di un dono o una telefonata aggressiva e carica di rabbia diventano una forma di attenzione e quindi un “riconoscimento” per lo stalker. Nel caso di molestie telefoniche è preferibile evitare di cambiare numero, perché la conseguente frustrazione dello stalker aumenterebbe la sua ossessione.

Meglio cercare di ottenere una seconda linea, lasciando squillare quella vecchia, raccogliere prove delle molestie per poter poi agire a livello legale, tenere a mente la “mappa” dei posti di blocco delle forze dell’ordine e, se si ha il timore di essere seguiti, recarvisi immediatamente. Nel caso non si sia coinvolti direttamente, è opportuno convincere la persona interessata a denunciare il molestatore.

A cura di Stefania Mengoni

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